Editore: Edizioni Scientifiche Italiane, 2011 - Autore: Danilo Colavincenzo
Nullità e rescissione dei contratti usurari
La riforma della disciplina dell’usura intervenuta con la legge n. 108 del 1996 non ha contribuito a chiarire, come auspicato nel vigore della precedente regolamentazione della materia, i rapporti tra le norme incriminatrici dell’usura e le conseguenze civilistiche dei comportamenti contrattuali posti in essere in violazione delle norme stesse. Resta difatti assai salda una – sia pur presumibile – adesione del legislatore alla prospettiva pan-penalistica accolta dalla giurisprudenza, le cui riflessioni sulla nullità del contratto per violazione della norma imperativa penale hanno evidenziato, sia prima che dopo la riformulazione del reato, un uso asistematico dei criteri che presiedono all’individuazione delle regole operative che disciplinano la nullità del contratto.L’analisi dei meccanismi tecnici mediante i quali, in presenza della violazione della norma imperativa penale, è possibile giungere ad escludere la nullità in favore di una norma che «disponga diversamente», secondo la regola tecnica della nullità «virtuale» dettata dall’art. 1418, 1 comma, ultimo inciso, cod. civ., rivela invero come il giudizio di validità /nullità del contratto si componga di criteri meno rigidi e formalistici di quello dell’identità tra le fattispecie, in quanto volti piuttosto a cogliere la maggiore adeguatezza della diversa disposizione rispetto all’effettiva attuazione dell’interesse protetto dalla norma penale trasgredita. Ne discende la necessità di un giudizio che implica l’analisi (economica) delle conseguenze operative della rescindibilità rispetto alla nullità in relazione all’interesse protetto dalla norma penale in tema di usura, riconoscibile nell’interesse individuale dell’usurato. In questa ottica, il confronto tra le discipline manifesta l’inadeguatezza della nullità rispetto all’attuazione dell’interesse del contraente leso dalla convenzione usuraria. Diversamente, il criterio della maggiore adeguatezza della norma che «disponga diversamente» rispetto alla tutela dell’interesse protetto dalla norma penale giustifica l’affermazione della rescindibilità del contratto che raggiunga la soglia di rilevanza stabilita dall’art. 1448 cod. civ., nonchè, parallelamente, della responsabilità dell’autore dell’illecito, che consente all’usurato di ottenere, in tutti i casi di sproporzione, infra od ultra dimidium, un risarcimento del danno commisurato allo svantaggio patrimoniale subìto, cioè al minor valore conseguito con la controprestazione sproporzionata. La tutela che ne deriva risulta equivalere, in concreto, a quella risultante dall’impiego della nullità parziale, giacchè conduce ad attuare, seppure in via mediata, un recupero dell’equilibrio economico del contratto, e si rivela scevra da perplessità riguardanti la configurabilità di principi e nuovi intendimenti sistematici implicanti l’abrogazione della rescissione per lesione.
L’AUTORE
Danilo Colavincenzo è titolare di un contratto di insegnamento per il diritto civile presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università di Teramo. È inoltre dottore di ricerca in «Diritto privato e garanzie costituzionali» presso l’Università di Padova. Ha già pubblicato diversi articoli e commenti sul tema della disciplina civilistica dei contratti usurari.
Volume 18 di Collana della Facoltà di giurisprudenza, Università degli studi di Teramo